L'interpretazione dell'antroposofo Rudolf Steiner del Vangelo di Giovanni come esemplare libro di iniziazione alla conoscenza quale scienza dello spirito, tratteggia la storia dell'uomo nei suoi gradi evolutivi e nelle sue facoltà, come, procedente da una chiaroveggenza atavica, da una capacità di vedere, immagini delle cose vere, che sfuma nell'avanzare dei tempi, e solo per via di tradizione ed eredità di sangue, la sapienza oscurata, è tramandata alle generazioni che si succedono, ma senza più un'esperienza diretta di queste alle verità. La simbologia adoperata per rappresentare questa saggezza è quella del vino, che si esemplifica nella stirpe e nei Padri, ed è ricollocata nell'ambito dell'ebraismo. L'avvento del Cristo muta il corso dell'evoluzione e pone sulla scena del mondo il ruolo del Figlio, di un sapere non più acquisito, e non solo trasmesso, ma spalancato all'interno dell'attività della volontà e del libero arbitrio. L'acqua è la rappresentazione simbolica di questo approdo generativo in cui l'uomo compie la sua evoluzione in rapporto alla propria natura, ed essa, all'interno di entità spirituali cosmiche.
Il sangue è anche linfa vitale, porta con sé come simbolo tutta la problematica legata all'esistenza e la questione annessa del tempo.
Se procediamo sulla stessa linea di confronto, l'acqua dovrebbe assumere le qualità di qualcosa di ulteriore alla connessione con la vita.
Su questa assenza di figura, di forma, che è propria dell'acqua, si chiariscono alcuni concetti di Steiner in proposito, e in un crescendo iconoclasta: partendo dall'idea che “la natura umana si trasforma in modo che da se stessa partorirà quel che ha perduto dell'antica eredità proveniente dal mondo preterreno” conclude che “il virtuoso in senso giusto è chi è uomo completo per il fatto che porta lo spirituale a realizzarsi in lui” e precisa “allora l'uomo penetra in una regione che si trova veramente nel campo umano, che entra anche in quello religioso, ma che non sta più nel campo artistico”.
Qual è allora il tempo più consono all'espressione dell'arte? Si deduce, quello che precede il principio della virtù e segue quello della tecnica: “quando si sia lavorato fino a comprendere conoscitivamente il mondo, subentra in noi la viva necessità di non formulare più idee, ma di creare artisticamente […] dunque, quel che non si può più sperimentare in pensieri, si è portati a goderlo per mezzo di figure viventi […] le abbiamo davanti, le osserviamo e le lasciamo agire su di noi, senza spiegarle in modo astratto […] allora non si è più tentati di dare forma simbolica o allegorica alle idee.”
I primi impulsi in tal senso avverrebbero in seno ai codici visivi della fine dell'Ottocento?Poi, più espliciti, determinerebbero la proliferazione di artisti di questa attuale fase storica? Fino all'entrata in scena considerevole dello spettatore a condizionarne l'opera. Fino all'assunto dell'atto unico in cui l'opera è in presenza senza rappresentare, non più sostenuto all'interno del linguaggio ma condiviso in forma esperienziale animica.
(raggiungiamo le Torri dell'Acqua di Budrio, storico acquedotto e luogo dedicato alle arti, a conclusione di un itinerario di mostre realizzate fuori dallo spazio più consueto della Galleria. Troviamo i simboli che tessono la storia, gli artisti misurano i loro strumenti nel flusso orchestrato del destino)