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LA CIVILIZZAZIONE. PROLOGO. CIO' CH'E' FINITO E CIO' CHE COMINCIA E' UGUALE. MATTIA VERNOCCHI, MIRCO TARSI. 2012

05 gennaio - 25 febbraio 2012

WORKS

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“Ogni cultura realizza progressivamente tutto ciò che le è possibile. Il completamento di questa realizzazione è anche la sua fine. Perciò il culmine di una cultura, la civilizzazione in cui essa raggiunge gli stati più estremi e più raffinati […] è anche la conclusione di essa, la sua fine necessaria e irrevocabile.” (Nicola Abbagnano)

Non possiamo considerare i movimenti espressivi del soggetto lirico al riparo da questa riflessione sui meccanismi della cultura, per questo è opportuno evidenziarne le cause e gli effetti sullo sfondo di questa analogia.

La progressione dell'attività lirica ha la sua origine, come già osservato in Simboli politici, nell'assunzione della condizione tragica attraverso il sentimento dell'inesorabilità del Tempo, che per ossimoro, rende il soggetto assoluto protagonista nell'attimo in cui accende la sua angoscia del futuro.

La raffinazione di questo processo di produzione lirica, sottrae al soggetto, proprio la vitalità innescata quando questa coabitazione salta, per cui il sentimento tragico non è più attivo coinvolgimento nel presente, ma all'opposto, causa di dissociazione passiva. La realtà precaria e la realtà vera scorrono su direzioni diverse con un effetto di alienazione del soggetto e di rischio della sua produzione. Quando e come accade tutto questo?

“Che cos'è un ossessivo? In sostanza è un attore che gioca la sua parte ed esegue un certo numero di atti come se fosse morto. Il gioco a cui si dedica è un modo per mettersi al riparo dalla morte. E' un gioco vivente che consiste nel mostrare che è invulnerabile. […] Attua una sorta di esibizione per dimostrare sin dove può arrivare in questo suo esercizio, che ha tutte le caratteristiche di un gioco, compreso il carattere illusorio – vale a dire sin dove può spingersi l'altro, il piccolo altro che è il suo alter ego, il doppio di sé. Il gioco si svolge davanti a un Altro che assiste allo spettacolo. Egli stesso è solo spettatore, e in questo sta la possibilità stessa del gioco e il piacere che vi trova. Ma non sa quale posto occupa, ed è questo a essere inconscio in lui. Ciò che fa, lo fa allo scopo di avere un alibi. Può intravederlo, questo sì. Si rende conto che il gioco non si gioca là dove lui è, ed è per questo che quasi niente di ciò che avviene è per lui veramente importante, ma ciò non vuol dire che sappia da dove vede tutto questo.”(Jacques Lacan)

I lavori di Mirco Tarsi (Ostra Vetere, 1974) e di Mattia Vernocchi (Cesena 1980) sono sollecitati a queste interpretazioni.

ARTISTS

MATTIA VERNOCCHI